Intervento conclusivo dell’incontro “Terre Incolte” patrocinato dall’ARSIAL
Con la nuova politica agricola europea, infatti, ad ognuno di noi è richiesto un grande impegno per contrastare il degrado ambientale e i cambiamenti climatici che minacciano il pianeta.
La trasformazione cui andiamo incontro è una trasformazione della società, dell’economia, ma anche dell’agricoltura.
Realizzare la transizione ecologica, che oggi in Italia può finalmente contare su un Ministero autonomo, nonché di un Assessorato ad esso dedicato anche nella nostra Regione, significa raggiungere un nuovo equilibrio tra la natura, i sistemi alimentari e le biodiversità.
Un equilibrio che sia in grado di garantire alle future generazioni una vita sana, un ambiente pulito e un pianeta migliore.
Per fare ciò, è di fondamentale importanza l’azione di recupero e riqualificazione delle aree abbandonate o incolte, attraverso la creazione di nuove zone protette e il ripristino degli ecosistemi terrestri e marini.
Secondo i dati Eurostat, tra il 2003 e il 2013 il settore agricolo europeo ha visto scomparire circa 4 milioni di contadini, mentre il terreno coltivato è rimasto praticamente lo stesso.
E in Italia, che da sola coltiva il 6,9% del totale europeo, il numero dei contadini è quasi dimezzato, passando in 10 anni da oltre 2 milioni a poco più di un milione.
Anche in quest’ottica la strategia che abbiamo promosso si inserisce in un più ampio impegno comunitario, a partire da “Farm to Fork”, il piano decennale avviato dalla Commissione europea per trasformare il sistema alimentare dell’Ue, rendendolo più sostenibile e riducendone l’impatto sui Paesi terzi.
La strategia tocca diversi aspetti della filiera, dall’agricoltura all’etichettatura degli alimenti, dalla produzione al consumo, nell’interesse di ciascun cittadino dei Paesi membri.
Quello della Farm to Fork è un approccio innovativo, in cui i consumatori hanno l’opportunità di migliorare i propri stili di vita, la salute e l’ambiente, introducendo regimi alimentari sani e sostenibili attraverso la ricerca costante di filiere agroalimentari più corte.
Quando si parla di sostenibilità, però, non bisogna considerare solo quelle aree già quotidianamente tutelate ma è necessario anche tener conto di tutte quelle superfici che risultano abbandonate, incolte o confiscate alla criminalità che potrebbero rappresentare una risorsa di grande valore per il territorio.
I dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura italiana del 2010, che sarà rinnovato quest’anno dall’ISTAT, ci indicano che l’abbandono delle terre e lo scarso ricambio generazionale nelle attività agricole sono ancora tra le principali problematiche del settore nel nostro Paese.
Questi fattori, oltre a destare preoccupazione per ragioni economiche, spaventano anche e soprattutto dal punto di vista ambientale.
In un territorio fragile sotto il profilo idrogeologico come quello italiano, oggi è stato ricordato, infatti, l’abbandono delle terre comporta il venir meno di un presidio fondamentale.
È per questo che il nostro impegno come Regione Lazio va esattamente nella direzione di individuare gli strumenti utili a riportare il settore agricolo al centro delle attività produttive, proprio sfruttando le grandi superfici abbandonate e inutilizzate.
Tra le diverse esperienze di recupero cui possiamo ispirarci, ce n’è una che trovo particolarmente interessante e, per certi aspetti, rivoluzionaria.
Nella Francia degli anni ’70 e ’80, la “Legge pastorale” diede modo agli agricoltori di creare i Gruppi pastorali per favorire la riqualificazione delle aree soggette agli effetti dell’abbandono agricolo.
Attraverso la costituzione dell’Associazione Fondiaria Pastorale, i gruppi pastorali sono riusciti ad aggregare diverse figure territoriali, unendo le forze per ottenere un risultato di grande importanza, trasformando un problema in un valore.
Il nostro obiettivo è proprio quello di offrire a cittadini e agricoltori della regione questo genere di opportunità, creando le condizioni favorevoli ad un processo che possa migliorare lo stato di salute del territorio regionale.
Lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo attraverso il Piano di Sviluppo Rurale, finalizzato al miglioramento della competitività dell’agricoltura, alla gestione sostenibile delle risorse naturali e ad uno sviluppo territoriale equilibrato per le zone rurali.
Inoltre, abbiamo aderito già dal 2017 alla Banca nazionale delle Terre agricole: un’iniziativa cruciale per il recupero e la riqualificazione dei territori.
Oggi la nostra regione mette a disposizione circa 561 ettari di terreni, concentrati nelle province di Viterbo, Rieti, Latina e Roma, per i quali possono attivarsi sia soggetti già titolari di aziende agricole sia chi, in particolare tra i giovani, voglia investire per avviarne una nuova.
Infine, nella strategia che dobbiamo portare avanti come Regione Lazio non può mancare l’elemento fondamentale della formazione, in particolare per i giovani.
Investire sullo sviluppo delle conoscenze e delle competenze necessarie a rinnovare il settore agricolo è uno degli obiettivi imprescindibili di questa strategia. Tutti siamo responsabili oggi del futuro delle prossime generazioni.
Per chiudere l’incontro di oggi, vorrei ricordare la storia di eccellenza di Damiano Angelici e Giovanni Di Mambro. Damiano e Giovanni sono due ragazzi che nel 2016 hanno dato vita a Elaisian, una startup innovativa che promuove il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo attraverso lo sviluppo di servizi per la digitalizzazione di aziende agricole.
Elaisian ha creato il sistema di supporto alle decisioni (DSS) che previene le malattie dell’olivo e della vite, ottimizzando i processi di coltivazione e inviando alle aziende agricole interessate report e alert.
Questo significa: risparmio dei costi per i trattamenti, la manodopera e i consumi; maggiore qualità e quantità della produzione; riduzione dell’impatto ambientale.
Poche settimane fa, grazie al fondo InnovaVenture, abbiamo contribuito alla crescita di Elaisian rafforzando significativamente le prospettive di sviluppo economico e internazionale di questa impresa.
Questo è solo un esempio del grande patrimonio di competenze, conoscenze, innovazione che il nostro territorio serba nel profondo e che merita di venire alla luce in tutti i campi.
Compito delle istituzioni è facilitare questo percorso, credendo e investendo nelle persone e nella loro voglia di lasciare questo mondo migliore di come l’hanno trovato.